Le proiezioni sui figli


Buddha: “Tutto ciò che ti infastidisce negli altri è solo una proiezione di ciò che non hai risolto in te“.

Il meccanismo della proiezione consiste nel fatto che qualcuno attribuisce a qualcun altro qualcosa che invece appartiene esclusivamente a lui.
La famiglia è il luogo dove più frequentemente avviene la proiezione, soprattutto da parte dei genitori sui figli.
Questo succede perché un genitore non ha rielaborato al proprio interno una ferita antica, e allora ha bisogno di proiettarla fuori, sugli altri membri della famiglia e i figli sono i destinatari più facili.

Le proiezioni sui figli possono essere di due tipi:

1) il genitore proietta sul figlio le proprie ambizioni non realizzate, le proprie frustrazioni.
Per esempio un genitore sceglie al posto del figlio la scuola, lo sport, l’università, un hobby, senza chiedere il suo parere, nell’idea di dare il meglio al figlio, ma in realtà lo declassa a oggetto perché non tiene conto delle sue preferenze, delle sue tendenze individuali, che sono sicuramente diverse dalle proprie.

2) il genitore proietta sul figlio aspetti non accettati di sé, elementi negativi di se, difetti, soprattutto quelli rimproverati dal proprio genitore, attribuendo al figlio colpe che in realtà non ha.
Le proiezioni creano una grande confusione nella relazione familiare perché si basano su bugie, anche se inconsce, e manipolazioni.
A seguito delle proiezioni, infatti, il figlio resta sicuramente destabilizzato perché è in bilico tra la necessità di accontentare mamma e papà, adattandosi all’immagine che loro hanno di lui, e la necessità di gestire la rabbia e l’opposizione che nascono in lui perché vede che la propria individualità viene sacrificata.

Spesso, poi, il figlio accetta la proiezione per amore perché vuole dare stabilità al genitore (quella che il genitore trova attuando la proiezione), sacrificando se stesso e diventando quell’oggetto-compensativo di ciò che manca al genitore e poi anche perché vuole per sentirsi amato (è come se si vendesse per avere l’amore…).

Il problema è che quando il figlio si identifica con le aspirazioni dei genitori, non sviluppa le proprie aspirazioni, i propri obiettivi, i propri gusti. In una parola la sua crescita libera è pregiudicata.

Non solo. Quando le aspirazioni e gli obiettivi non sono spontanei, difficilmente riescono ad essere realizzati e così nei ragazzi nasce una drammatica ansia da prestazione, poi senso di frustrazione e infine una ingestibile paura di deludere i genitori.

Bisogna fare un profondo lavoro di accettazione del fatto che il figlio abbia una personalità diversa da quella dei genitori ma il genitore in questo caso fa fatica, prova sofferenza perché lui non ha potuto essere diverso da come lo avevano categorizzato i suoi genitori e quindi l’autonomia del figlio gli sembra inaccettabile, gli fa sentire un senso di vuoto perché conosce solo una relazione affettiva basata sulla simbiotica collusione tra genitori e figli.

Ma i figli non potranno mai essere come noi: nascono già con la loro individualità originale e unica, e poi crescono in un contesto spazio/tempo/socio/culturale completamente diverso: è impossibile che un figlio sia uguale ai genitori, a meno che non si identifichi, appunto, nelle proiezioni.

Quindi per evitare le proiezioni e i loro effetti negativi sui figli, è importante che impariamo a considerare il figlio nella sua soggettività e autonomia: dobbiamo calarci nei panni del figlio, mostrarci aperti e capaci di un vero ascolto, dobbiamo riuscire a sintonizzarci con lui e a non cercare di mettergli etichette e definizioni che non gli appartengono ma anzi cercare di entrare in contatto con quella preziosità e originalità che contraddistingue ogni bambino/ragazzo.

Noi genitori dobbiamo pensare che la nostra vita sarà riscattata non attraverso le proiezioni ma attraverso la libertà, la dignità e la più vera realizzazione di sé da parte dei figli.

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