IL LAVORO INTERIORE
Tanti di noi sostengono di lavorare su se stessi da anni, di prendere parte a un lavoro interiore perché si pratica yoga, o un mantra, o perché si leggono tanti libri sull’argomento e si comprende ogni giorno di più.
Ma vi è una grandissima differenza tra il comprendere con la mente, il sentire che qualcosa davvero ci risuona e ci sta dando risposte, e il metterlo in pratica.
Il vero lavoro interiore non contempla solo la teoria, al contrario: esso non può prescindere dall’azione concreta, utilizzando ogni singolo giorno come un’opportunità.
Dallo stare in presenza, dal trovare il modo per restare desti e non farsi coinvolgere dai soliti mulinelli personali: insomma, non può prescindere da una sorta di “palestra” quotidiana all’interno della nostra realtà, che ci fa da specchio e da campo d’azione, da palcoscenico e da platea.
Altrimenti, non si può dire che si sta lavorando su di sé: si stanno solo raccogliendo informazioni e sapienza. Oppure addirittura ci si sta raccontando che ci si sta “risvegliando” semplicemente frequentando qualche lezione di yoga, meditazione o mindfulness e scordandosene poi appena usciti da quell’ambiente. Tornando nel sonno profondo dei nostri riflessi condizionati verso il compagno o la compagna, verso il lavoro, verso gli amici, i vicini, il traffico, i figli, i genitori, i notiziari, i nostri malesseri auto-creati, le nostre abitudini immutabili, eccetera, eccetera.
Ma un manuale di istruzioni per l’uso non serve a niente se poi non si applica, nella maniera più pragmatica, intensa e profonda possibile.
Lavorare su di noi seriamente e veramente significa cercare di destarci dal sonno di pensieri meccanici e reazioni meccaniche in ogni istante della nostra giornata.
Non giudicarsi quando (e capiterà migliaia di volte) ci si scorda dell’impegno preso e si torna a farsi coinvolgere “dentro il film” della vita apparente e a reagire ancora secondo il vecchio pattern.
Cercare di rimanere svegli in ogni momento, il che significa consapevoli, spettatori di noi stessi: osservare le nostre modalità di fronte ai tanti stimoli che ci offre ogni giornata. Soprattutto, nell’interazione con gli altri.
Ed è in questo spazio che abbiamo la chance di liberarci dai soliti copioni: le nostre antiche ferite.
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